STEVE WYNN ITALIA

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Steve Wynn nasce a Los Angeles il 21 febbraio 1960 e cresce nella città californiana, che sarà la casa base di tutte le sue attività negli anni a seguire. Frequenta l'università di Davis in California, dove si laurea. Ma la cosa più importante per il suo futuro nel mondo della musica, è che lì conosce Russ Tolman, Kendra Smith e Scott Miller (Miller sarebbe rimasto in zona con i Game Theory, mentre Tolman avrebbe formato i True West). E’ il periodo in cui esplodono il punk-rock e la new wave, e Steve nel 1979 forma i Suspects, una band New Wave che durerà solo quell'anno e pubblicherà solo un singolo, Iy's Up To You/Talking Loud (1979), che è molto raro ed è materiale per collezionisti.

Oltre a Steve a voce e chitarra, i membri del gruppo erano i già citati Kendra Smith alla voce, Steve Suchil al basso, Russ Tolman alla chitarra e Gavin Blair alla batteria.

Si formasse oggi questa band, la chiameremmo un 'super-gruppo', viste le carriere future del quintetto; Steve e Kendra formarono i Dream Syndicate  mentre Russ e Gavin entrarono nei True West.

Oltre al singolo esiste qualche registrazione live del gruppo, contenenti diversi brani fra i quali Alle Morgen Parties,una versione in tedesco di All tomorrows parties dei velvet underground, a testimonianza dell'influenze del gruppo newyorkese sulla musica di Steve e compagni.

Si dice che Steve volesse recuperare tutte le copie del singolo per distruggerle, non ritenendole all’altezza del potenziale del gruppo.

A sorpresa nel 2005, durante una session radiofonica a Davis Steve ha suonato live Talking Loud.

Come già accennato, Steve Wynn e Kendra Smith finita l'università si trasferirono a Los Angeles dove, dopo una breve parentesi col gruppo '15 minutes' ed un solo singolo pubblicato (That´s What You Alway Say / Last Chance For You (1981)) formarono nel 1982 assieme al chitarrista Karl Precoda, ed al batterista Dennis Duck  i Dream Syndicate.

Il nome della band si rifà a quello di una formazione sperimentale nella quale il compositore LaMonte Young era affiancato da John Cale in un periodo precedente la nascita dei Velvet Underground.

Nonostante gli anni ’80 saranno dominati dalla pop e disco music, in California era in atto un revival del guitar rock nella scena musicale underground, alimentato da gruppi quali i REM e  i Replacements.

Wynn invece fa un ulteriore passo in avanti (o all'indietro a seconda delle interpretazioni) e rispolvera un suono rock pieno di feedback che prende chiara ispirazione dai Velvet Underground.

I Dream Syndicate diventano i capofila ed il gruppo guida del cosiddetto 'paisley underground', un movimento musicale localizzato principalmente a Los Angeles, chiaramente ispirato ai '60s, che include anche bands come Green On Red, Bangles e Three O'Clock.

Fra queste band i Dream Syndicate sono quelli che riescono ad ottenere una certa notorietà anche al di fuori di Los Angeles, grazie anche alle grandi performances live caratterizzate da lunghe jam sessions.

Il loro album di debutto, THE DAYS OF WINE AND ROSES (Ruby, 1982), preceduto dall'EP DREAM SYNDICATE',  è lodato dalla critica e li porta subito ad certo livello di notorietà ed è ancora oggi ricordato anche al di fuori dell'ambito dei fans di Steve Wynn.

L'album è caratterizzato da un sound nervoso, ricco di feedback, con la chitarra di Precoda in gran spolvero, ritmi sostenuti e liriche cupe ed introverse, estremamente reali, che si possono ritenere ispirate da artisti quali Bob Dylan e Lou Reed.

A conferma di ciò, sull'EP di esordio del gruppo è presente una cover di Otlaw Blues di Dylan; l'album invece si apre con Tell Me When It's Over, una ballata dove comunque la dolcezza è rotta da suoni aspri e prosegue con un il ritmo incalzante di Definitely Clean seguita da That's What You Always Say, un pezzo con un suono grezzo e distorto, che conduce a Then she remembers dove si fondono tutte le influenze punk del gruppo e Steve diventa praticamente un clone di Iggy Pop; in questo brano anche la voce di Steve appare diversa e ascoltando il brano senza sapere di chi si tratta potreste veramente pensare di ascoltare Iggy & The Stooges.

Terminata la cavalcata punk tornano i suoni acidi e distorti di Precoda per un pezzo subito entrato nella storia del gruppo: Halloween, dove il cantato risulta meno grezzo che in altri pezzi come That's What You Always Say o Definitely Clean tanto per fare qualche esempio, ma la musica richiama inevitabilmente alla mente il sound di gruppi quali i Velvet Underground.

A seguire, ancora feedback e Steve che canta in modo grezzo, quasi fossero dei “demo”.

Si torna poi a ritmi più sostenuti con Until Lately, prima di Too Litte Too Late, l'unico brano del disco cantato da kendra, un brano molto soft, quasi una cantilena.

Il disco si chiude con la title track che racchiude un pò tutte le caratteristiche del disco: ritmo punk, chitarre distorte Steve che canta liriche crude e reali.

Nel complesso un disco fantastico, assolutamete da avere!

L'anno seguente c'è un cambio di formazione, Kendra lascia la band e viene sostituita da Dave Provost

I dream syndicate non perdono tempo ed esce THE MEDICINE SHOW (1983), un altro capolavoro targato Wynn/Precoda, che dai fans più sfegatati del gruppo vengono considerati un pò come i Lou Reed/John Cale degli anni 80.

Il sound dell'album è un pò meno distorto e carico di feedback rispetto al suo predecessore, ma è comunque rock allo stato puro con Steve che canta liriche sempre dure e reali (vedi la title tack e Merrittville) e Karl che si lancia in lunghi assoli e jam-session che hanno il loro apice in JOHN COLTRANE STEREO BLUES.

L’album si apre con Steve che canta l’impotenza davanti ad un amore ormai perduto che non ritornerà in STILL HOLDING ON TO YOU, e prosegue con ritmi sostenuti in Daddy’s girl. La tensione si spezza con la bellissima ballata BURN, un brano praticamente perfetto. Seguono ARMED WITH AN EMPTY GUN, le cui strofe raccontano storie che hanno come comune denominatore il protagonista che si ritrova a non poter fare nulla perchè ha una pistola scarica e BULLET WITH MY NAME ON IT  dove il protagonista parla di un’altra persona (presumibilmente una ragazza) che ha un proiettile destinato a lui.

E’ ora il momento dei capolavori, che arrivano sottoforma di un terzetto di canzoni quali THE MEDICINE SHOW, JOHN COLTRANE STEREO BLUES e MERRITVILLE. Nei primi due brani a liriche ispirate si abbina un sound unico con  Precoda scatenato in lunghi assoli. Leggendarie sono le performance live di John Coltrane Stereo Blues, condite da lunghe jam sessions.

Merrittville chiude l’album con liriche da narrativa ed il ritornello cantato in coro da più voci.

Un album splendido, verrebbe da dire irripetibile, ma Steve ha comunque sempre saputo darci grandi soddisfazioni.

A questo punto c’è un nuovo cambio di formazione, con Precoda che lascia la band sostituito da Paul B. Cutler, mentre Mark Walton sostituisce Provost già durante l’attività live seguente alla pubblicazione di The Medicine Show, documentata dal live intitolato 'THIS IS NOT THE NEW DREAM SYNDICATE ALBUM' (1984),  a chiarire subito agli acquirenti che non si tratta di un album di studio. Il live documenta fedelmente il sound e le caratteristiche dei Dream Syndicate prima maniera: una band in stato di grazia, suoni sporchi, grande carica, jams, ed il piano di Tom Zvondchek non presente sull’album.

Senza Precoda ed i suoi assoli ‘acidi’ il sound del gruppo devia verso un pop/rock un po’ più commerciale ma comunque molto valido ed apprezzabile.

Prima però Steve si prende una pausa dalla band e registra assieme a DAN STUART dei GREEN ON RED l’album THE LOST WEEKEND, con lo pseudonimo di DANNY & DUSTY (1985). I brani, scritti in parte da Steve ed in parte da Dan, sono stati “secondo la leggenda” registrati in un solo weekend nel quale si chiusero in studio di registrazione muniti di cibarie e soprattutto alcool per uscirne solo a fine weekend con l’album finito. La band era costituita, oltre a Steve e Dan, da SID GRIFFIN, STEPHEN MCCARTHY, CHRIS CACAVAS, TOM STEVENS e DENNIS DUCK.

Sicuramente un grande disco, che suona “sporco”, non duro, anzi più folk che elettrico, con le chitarre acustiche in primo piano, ma come già detto con un sound “sporco”. Non fecero un vero e proprio tour ma solo qualche concerto. Il disco di Danny & Dusty è popolato da diversi personaggi, quali perdenti, sognatori, bari ed alcolizzati e resterà un episodio isolato, almeno fino al 2007.

Nel 1986 tornano i Dream Syndicate con OUT OF THE GREY, che ha il merito di accrescere la popolarità del gruppo anche grazie a maggiori passaggi radiofonici. Il disco contiene brani quali NOW I RIDE ALONE, FOREST FOR THE TREES, la title track, SLIDE AWAY, ma soprattutto BOSTON, una delle canzoni più belle scritte da Steve, tuttora richiestissima dai fans nei concerti. In questo album si delinea chiaramente l’abilità di Steve come songwriter, la sua capacità di creare melodie, anche orecchiabili, ma spontanee e non banali, un dono che solo pochi hanno. Il disco viene promosso per la prima volta da una tournèe europea che tocca anche l’Italia.

Nel 1988 esce GHOST STORIES e pur senza i capolavori dei primi due album, il livello dei brani è buono; spiccano THE SIDE I’LL NEVER SHOW, LOVING THE SINNER HATING THE SIN e la cover SEE THAT MY GRAVE IS KEPT CLEAN. All’album collaborano Chris Cacavas alle tastiere, Robert Lloyd al pianoforte e Johnette Napolitano ai cori.

Nel 1989 i Dream Syndicate si sciolgono; resta un ultima testimonianza live della band, il LIVE AT RAJIS, che documenta il concerto tenuto il 31 gennaio 1989 in un piccolo locale di Hollywood, il Rajis appunto. E’ un grande live, anche se molto diverso dal suo predecessore (This Is Not The New Dream Syndicate Album… Live) e testimonia fedelmente quello di cui erano capaci Steve Wynn, Dennis Duck, Mark Walton e Paul B. Cutler, la formazione più stabile fra quelle che si sono alternate nella storia dei Dream Syndicate. E’ stato ristampato nel 2004 in versione completa.

Dopo lo scioglimento la band non è stata però dimenticata e negli anni sono usciti diversi dischi come Best Of, live e compilation di outtakes.  Per citarli brevemente, già nel 1989 esce IT’S TOO LATE TO STOP NOW, una compilation di brani live, mentre nel 1992, quando Steve ha già iniziato la sua carriera solista escono TELL ME WHEN IT’S OVER-THE BEST OF ed il video WEATHERED AND TORN (ristampato nel 2004 in DVD) filmato durante l’ultimo tour della band, che documenta un concerto ed è arricchito da interviste; nel 1993 esce THE LOST TAPES 3 ½, una compilation di outtakes, mentre nel 1994 esce THE DAY BEFORE WINE AND ROSES, che documenta una performance radiofonica del settembre 1982, prima ancora dell’uscita del primo album. E’ un live STRAORDINARIO, contenente anche una versione di JOHN COLTRANE STEREO BLUES allora ancora inedita ed intitolata OPEN HOUR.

bio1Scioltisi i Dream Syndicate Wynn inizia la carriera solista e già nel 1990 esce KEROSENE MAN, disco in cui si mescolano sonorità dure e rock (TEARS WON’T HELP, YOUNGER, ANTHEM) e brani più soft quali UNDER THE WEATHER e CONSPIRACY OF THE HEART. Un mix favoloso per un grande album!

Sempre nel 1990 esce STRAIGHT TO THE SWAPMENT, un live, una sorta di bootleg autorizzato che contiene anche alcune cover come GRAVEYARD TRAIN e THE GROM’S STILL WAITING AT THE ALTAR.

Il 1992 è l’anno di DAZZLING DISPLAY, che come sonorità ricalca il precedente, sempre con una qualità media dei brani elevata, una caratteristica dei dischi di Steve, che forse potrà avere toccato vette meno alte di altri artisti dai quali era sicuramente influenzato, quali Bob Dylan, Neil Young e Lou Reed, ma come qualità media degli album non ha sicuramente nulla da invidiare a nessuno.

Le tematiche espresse da Steve sono abbastanza pessimistiche, ma tese ad una speranza di salvezza, alla quale però si può arrivare solo attraverso il dolore.

Il successore di Dazzling Display è un disco per la maggior parte acustico, con un sound che varia tra il pop, il folk ed il soul.

FLUORESCENT è un album piacevole, che contiene brani quali COLLISION COURSE, CARELESSLY, WEDDING BELLS, THAT’S WHY I WEAR BLACK, FOLLOW ME, mentre la spina viene attaccata solo in un paio di pezzi (OLDER, LOOK BOTH WAYS).

Nel 1994 vede la luce TAKE YOUR FLUNKY AND DANGLE, una raccolta di inediti del periodo ’87-93, in particolare provenienti dalle session di Fluorescent. Molte di queste canzoni sono state inseguito inserite in una re-edition di Fluorescent.

Nel frattempo Steve nel 1993 aveva iniziato un progetto parallelo assieme a STEPHEN MCCARTHY, BRIAN HARVEY, JOHNNY HOTT, ARMISTEAD WELDFORD: i GUTTERBALL.

Il genere in cui si può inquadrare la band è un misto fra garage rock e suoni più melodici. L’omonimo primo disco è sicuramente solido, anche se a mio avviso non di facile ascolto. Steve Wynn non ha mai prodotto le cosiddette fun song, men che meno in questo caso, dove anzi sono richiesti diversi ascolti per entrare in sintonia con la band. Sicuramente gli strumenti predominanti sono le chitarre, anche se non particolarmente “rumorose” ed in un certo qual modo “discrete”. Il suono è ‘sporco’, e così anche il cantato di Wynn.

Nel frattempo Steve lascia Los Angeles per New York.

Nel 1995 escono un disco di outtakes del primo disco (TURNYOR EDINKOV), brani in versione veramente grezza, ed il secondo disco della band, WEASEL. Questo disco si apre con un paio di brani dal ritmo sostenuto dove anche le chitarre si fanno più rumorose (TRANSPARENCY, YOUR BEST FRIEND) ed in effetti sembra che il quintetto sia cresciuto. Emergono liriche valide e brani quali FIREFLY, MARIA, ONE-EYED DOG e OVER 40.

Nel 1995 esce un nuovo album solista di Steve, che al contrario del precedente (Fluorescent) è elettrico, con chitarre distorte, oltre alle solite liriche “addolorate”.

Per una volte devo dare ragione a Scaruffi quando scrive che Steve è uno dei pochi artisti che sappiano far sanguinare i versi delle canzoni.

Il disco si apre con WHY, e passando per SHELLEY’S BLUES, WHAT WE CALL LOVE, DRIZZLE, THE ANGELS, EPILOGUE, SILENCE IS YOUR ONLY FRIEND, STARE IT DOWN, SMOOTH, FOR ALL I CARE, THE WAY YOU PUNISH ME, DOWN si arriva alla title track dove esplodono le chitarre e sembra proprio di fondersi nel buio.

Amo il modo in cui mi punisci canta Steve in uno dei brani del disco, ma ascoltare MELTING IN THE DARK è tutto fuorchè una punizione.

Il 1997 è l’anno di SWEETNESS AND LIGHT, un album con molte chitarre ed al solito molti pezzi di buon livello.

Nel 1998 esce un cd in edizione limitata contenente cover, inediti e versioni alternate di brani presenti negli altri dischi. THE SUITCASE SESSION, pur essendo uno di quei dischi da cui non ci si aspetta molto non essendo un vero e proprio ‘nuovo album’, si lascia ascoltare con molto piacere. Nell’ottobre dello stesso anno esce anche la compilation ADVERTISMENT FROM MYSELF, una sorta di antologia della carriera di Steve Wynn, anche questa in edizione limitata e contenente anche una biografia.

Nel 1999 dopo l’uscita di un disco di outtakes del periodo 1996/99 (PICK OF THE LITTER) esce un nuovo album, MY MIDNIGHT; è sicuramente uno dei migliori dischi di Steve, che abbina liriche ispirate ad un sound rock con le chitarre in evidenza, ma con interventi dell’organo e dei fiati.

Già l’inizio con NOTHING BUT THE SHELL è tutto un programma; su tutte spicca 500 GIRL MORNINGS in chiusura del disco. Nel 2000 Wynn collabora con il gruppo pop spagnolo AUSTRALIAN BLONDE, per un album intitolato MOMENTO, che mostra il pop degli spagnoli contaminato dalle chitarre di Wynn che ha collaborato sia alla stesura dei testi, sia al cantato in molti brani.

Visto l’avanzare di internet, Steve decide di rilasciare in download un brano al mese; questi 12 singoli vanno a formare THE EMUSIC SINGLE COLLECTION (2001).

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Ma il 2001 è l’anno di HERE COMES THE MIRACLES! Qui avvengono i miracoli, ed è proprio così! Steve assieme ad una nuova band, i MIRACLE 3 (Jason Victor, Linda Pitmon, Dave De Castro) sforna un vero capolavoro.

Riporto qui la recensione che ho trovato al link

Domanda: è possibile produrre ancora qualcosa che suoni fresco, vigoroso e genuino con una chitarra elettrica e con una rock band?

Per quanto questo strumento e questo genere siano stati ampliamente sondati e prosciugati, la risposta rimane affermativa, fortemente affermativa se avete occasione di ascoltare l'ultimo disco di Steve Wynn, "Here come the miracles". Miracolo, appunto, perché chi se lo aspettava un album doppio di tale spessore? Chi immaginava tanta grinta, tecnica e brividi?

Certo, la scrittura e il talento di Steve Wynn non sono mai stati in discussione e nemmeno quel suono del "Paisley underground" che con gli anni è diventato sempre più suo e sempre più personale. Pareva che il meglio fosse venuto dagli anni furenti dei Dream Syndicate per continuare con risultati altalenanti ora con i Gutterball ora a suo nome. Invece Steve Wynn se ne esce con un disco che è un capolavoro, non tanto perché contenga qualcosa di innovativo, ma perché ci restituisce la compattezza e la profondità di un rock sempre più raro.

Diciannove pezzi che alternano ballate a spinte improvvise, vigorose, suonate con uno spirito punk ancora affamato.

Già dalla copertina si può intuire la direzione dell'album: un cuore che sanguina su un piatto di un giradischi e un titolo che con gli ascolti non si rivela affatto presuntuoso.

Si comincia con una chitarra distorta e si finisce con un'ampia ballata carica di speranza ("There will come a day") che ricorda i tempi di "Song for the dreamers".

In mezzo c'è un hard rock psichedelico ("Sustain") con Howe Gelb che fa impallidire i Motorpsycho, c'è una ballata struggente ("Shades of blue") tra passato e presente, ci sono lenti impolverati dal vento del deserto californiano ("Blackout", "Drought", "Charity"), un rock'n'roll alla Bo Diddley ("Strange new world"), punk songs al fulmicotone ("Crawling misanthropic blues", "Watch your step") e dei giri blues mascherati dal sorriso esperto e smaliziato di chi ha macinato miglia e miglia di rock ("Let's leave it like that", "Topanga canyon freaks").

"Southern California line" ha l'andamento maestoso dei Crazy Horse, ma è tutto il disco a proporre Steve Wynn come nuovo modello per le giovani band che possono buttarsi anche sulla recente ristampa di "The days of wine and roses". Oppure sugli otto minuti della lentissima "Good and bad", squarciati da un lacerante assolo del nostro che si ripete poi accendendo la miccia dell'incessante "Smash myself to bits".

Wurlitzer, piano, organo (Chris Cacavas), banjo elettrico, pedal steel (Craig Schumacher), vibrafono (John Covertino), armonica (Howe Gelb), basso (Dave DeCastro), batteria (Linda Pitmon) e tante, tante distorsioni (Chris Borkaw) faranno amare questo disco non solo ai rockers, ma anche a tutti quegli spasimanti della tecnica troppo spesso costretti a perdersi nei meandri dell'heavy metal.

Alla fine, non è Steve Wynn, ma il rock che torna ad essere un miracolo.

Il tour seguente è documentato da un cd uscito in Italia come allegato alla rivista IL MUCCHIO, il LIVE AT BIG MAMA (2002), che documenta il concerto romano, al Big Mama appunto, che è un po’ la seconda casa di Steve quando viene in Italia.

Il 2003 inizia con la reunion dei Gutterball per un concerto a Richmond il 9 gennaio e voci che preludono ad un futuro nuovo disco con la band. Nel frattempo Steve ed i Miracle 3 si confermano con STATIC TRANSMISSION, un disco molto valido, anch’esso recensito qui

Ogni disco è un mettersi alla prova, a maggior ragione se il precedente ha avuto riscontri positivi. Questo vale per qualunque artista, indipendentemente dal suo successo commerciale, e quindi anche per Steve Wynn, che, con "Here comes the miracle", aveva rilanciato verso l'alto la sua carriera.

"Static transmission" viene dopo due anni, dopo parecchi concerti, e, soprattutto, dopo i fatti dell'11 settembre: il disco non è un ulteriore rielaborazione di quanto successo, ma l'ispirazione di Steve, artista e uomo sensibile, di casa a New York, non poteva non cogliere movimenti che ne sono conseguiti.

Va detto che l'opera di Steve Wynn, arrivata al tredicesimo disco, ma ben più ampia se si considerano i lavori con Dream Syndicate, Gutterball e pubblicazioni più o meno ufficiali, da sempre mira alla coscienza umana nei suoi risvolti più oscuri, dove la linea di confine tra bene e male, tra istinto e volontà è assai sottile. Si può dire che questa zona ora lascia emergere verso l'esterno i propri detriti con più facilità e questo sembra il tema di "Static transmission".

Brani meno immediati, più ballate, ma chitarre e suoni sempre tesi, anche quando avanzano col contagiri. L'impatto non è così corposo e diretto come col doppio "Here comes the miracle", ma l'impressione è quella di una profonda inquietudine: lo dice già la ballata iniziale, “What comes after”, soffice, ma non leggera, anzi crudele e spietata nel suo descrivere scenari che non si dimenticano.

Logico allora che il disco sia una continua alternanza tra questa calma apparente e brani rumorosi, distorti nella loro sonicità. A ben vedere, questa è una cifra che Wynn ha già fatto sua in passato, costruendo ballate asciutte e rock'n'roll acidi: curioso come anche questo disco sia stato registrato a Tucson, in Arizona, e come i brani più tirati siano quelli "ambientati" in California ("California style", "Hollywood").

L’atmosfera comunque non cambia, semmai variano toni e volumi: di fondo una ballata con tanto di violino e violoncello come "Maybe Tomorrow" ha lo stesso cupo effetto delle chitarre arruginite e distorte di "Candy Machine". Ciò non vuol dire che non ci sia speranza, ma un'estrema consapevolezza, la stessa che permette a Wynn di giocare con esperienza e di prosciugare le sue chitarre fino a portarle dalle parti dei REM di "Monster" ("One Less Shining Star") o di sfruttare le tastiere di Chris Cacavas e l'armonica di Craig Schumacher, ormai entrambi suoi collaboratori fissi.

Un brano come "Amphetamine" meriterebbe poi nuove inutili definzioni, magari "western acid blues", che lasciano il tempo che trovano di fronte a tanta veemenza: un’energia che potrebbe portare al cortocircuito da un momento all'altro oppure durare fino all’ineluttabile momento in cui tutto tornerà a nutrire il suolo, come recita "Fond Farewell", una ballata che chiude l'album in dissolvenza, come altrimenti non si poteva.

Nel 2003 esce anche un live tratto da un concerto tedesco ad Heilbronn, THE OFFICIAL BOOTLEG SERIES – LIVE.

Nel 2004 esce la compilation RIDING SHOTGUN; si tratta di una compilation a tema: 15 sonic adventures from Noir Rock storyteller Steve Wynn.

Si tratta appunto di “storie in musica”, canzoni da ascoltare e riascoltare per capirne a pieno il significato e percepire ancora di più la grandezza di Steve Wynn. Da AMPHETAMINE a DEATH VALLEY RAIN, da NOTHING BUT THE SHYELL a JAMES RIVER INCIDENT, da MY MIDNIGHT a SOUTHERN CALIFORNIA LINE, da HOLLYWOOD a THERE WILL COME A DAY. Il disco è sicuramente sbilanciato verso gli anni più recenti ed I dischi con i Miracle 3, ma è sicuramente consigliabile anche i neofiti che vogliano avvicinarsi alla musica di Wynn, anche se difficile da trovare in quanto uscito in edizione limitata.

Esce anche il live BLUE ROSE CHRISTMAS PARTY (2004); la Blue Rose è l’etichetta che produce i dischi di Steve.

Nel frattempo la batterista dei Miracle 3 Linda Pitmon è diventata la compagna di Steve.

Il 2004 è un anno importante perché una serie di artisti decide di realizzare un disco tributo a Steve, FROM A MAN OF MYSTERIES; 2 cd di canzoni di Wynn interpretate da altri quali Cris Eckman in Follow Me ed i Willard Grant Conspiracy in Silence Is Your Only Friend. Sicuramente un giusto tributo e motivo di soddisfazione per un artista che non è riuscito ad ottenere il successo di massa.

Il 2005 è un altro grande anno per Steve: prima esce un greatest hit intitolato WHAT I DID AFTER MY BAND BROKE UP, che come dice il titolo raccoglie brani della carriera solista, dopo lo scioglimento dei Dream Syndicate. Il primo cd è un normale greatest hits, mentre il secondo disco, intitolato VISITATION RIGHTS è formato da altri brani registrati in versione piano/voce con Chris Cacavas. Brani quali James River Incident, Drought, Anthem, Something To Remember Me By, Crawling Misanthropic Blues rivivono in queste nuove versioni limpide e cristalline.

Arriva quindi il momento di un nuovo disco con i Miracle 3, TICK TICK TICK, che già dalla copertina tributo ai Velvet Underground di THE VELVET UNDERGROUND & NICO (con un peperoncino rosso su sfondo nero a richiamare la banana concepita da Andy Warhol)fa capire la direzione ed il sound che ci aspetta.

Anche in questo caso essendo completamente d’accordo faccio mie le parole che potete trovare qui

Già dal titolo, “… tick … tick …. tick” fa pensare ad un disco pronto ad esplodere con cariche di rock deflagrante, quelle a cui Steve Wynn ci ha nuovamente abituato da quando si fa accompagnare dai Miracle 3.

In effetti il suono si collega in modo evidente al precedente “Static transmission” e ancora prima a quel capolavoro che è stato “Here comes the miracles” in una sorta di progressivo cortocircuito in cui l’autore concepisce i suoi brani ed anche la realtà.

Anche le nuove canzoni sono state registrate in quel di Tucson, Arizona, con l’ausilio di Craig Schumacher. E dovrebbero andare a completare la cosiddetta “Tucson trilogy”, ovvero quella trilogia che Wynn ha coltivato in questi ultimi dischi sviluppando in un corpo sonoro e descrittivo la diffusa sensazione da “post-millenium panic”.

“… tick … tick …. tick” rende infatti ancora più esplicita l’unità che Wynn ha raggiunto con le sue canzoni e con la sua band: il disco è un ulteriore avvicinamento a quel rock arso e metallico che dal vivo i Miracle 3 amano caricare di furore.

Ad ascoltare in successione “Here comes the miracles”, “Static transmission” e “… tick … tick …. tick” si può intuire perchè Steve Wynn abbia scelto il deserto come ambiente in cui registrare: il rock viene esposto all’arsura del luogo con l’intento di prosciugarlo da qualunque sostanza superflua (emblematica la copertina con un peperoncino che potrebbe essere la famosa banana dei Velvet Underground portata ad essicare in Arizona).

L’obiettivo è raggiunto in pieno e, anche se mancano una “Sustain” o una “Amphetamine”, il disco si propone nella sua organicità come materia quanto mai viva. L’inizio ha una tensione palpabile per almeno cinque pezzi: il riff di “Wired” ha sotto una seconda chitarra dura e ruvida, “Cindy, it was always you” è percorsa da un’armonica, “Freak star” da un organo, mentre “Killing me” ha un ritmo di batteria a cui le chitarre si attaccano con gli artigli. Anche le ballate, su tutte “The deep end”, sono attraversate da una profondità lontana che emerge in modo stridente e disilluso.

“… tick … tick …. tick” ha un tiro che tocca il garage (“Bruises”) e il punk (“Wild mercury”) senza alcun timore, godendo della maturità di un rock d’autore che Wynn ha maturato pezzo dopo pezzo nei suoi vent’anni e più di carriera.

Gli strumenti si incrociano acidi e condividono la visione scottata dei testi raggiungendo il culmine nella conclusiva “No tomorrow”, divisa in due parti quasi fosse un esperimento che riporta a galla gli slanci psichedelici dei Dream Syndicate: anche il ritornello conclusivo “I wanna love you like there’s no tomorrow” suona come una dichiarazione di speranza e di amarezza, lasciata da chi non rinuncia al proprio desiderio di vita pur nella consapevolezza di trovarsi in un mondo che ha innescato un inesorabile conto alla rovescia.

Al disco segue un grande tour con la band in grande forma (nel frattempo Dave De Castro è stato sostituito da ERIC VAN LOO) che è documentato dal LIVE TICK (2006); 2CD+DVD tratti da un concerto tenutosi in Germania nel novembre del 2005.

Il primo gennaio del 2006 BRIAN HARVEY viene ucciso assieme a tutta la sua famiglia da ladri che erano entrati in casa sua.

Sfuma quindi in modo tragico ogni ipotesi di reunion dei Gutterball.

Nel 2006 accade quello che i fans dei Dream Syndicate hanno sempre sperato: nell’ambito di qualche concerto acustico indicato in generale come “Steve Wynn & Friends” si comincia a vociferare di una reunion dei Dream syndicate, anche se solo per un concerto.

Le voci diventano realtà quando viene annunciato sul sito di Steve che per la data del 28 luglio al McCabe’s di Santa Monica i friends saranno DENNIS DUCK, MARK WALTON e PAUL B. CUTLER, ossia l’ultima formazione dei Dream syndicate prima dello scioglimento, quella immortalata dal Live at Rajis tanto per intenderci.

Il concerto acustico è un ulteriore elemento di curiosità perché a memoria non si ricordano concerti acustici della band.

Il concerto si tiene quasi senza prove ma nonostante i quasi 20 anni di stacco la band offre una prova convincente pur con qualche ovvia sbavatura viste le sole due prove effettuate ed il concerto acustico.

Dopo un primo set di Steve da solo salgono sul palco i restanti membri della band per un set di circa 1 ora e 15 minuti che si apre con MY OLD AUNTS ed attraversa le tante gemme della band (THE SIDE I’LL NEVER SHOW, BURN, TELL ME WHEN IT’S OVER, NOW I RIDE ALONE, BOSTON, MERRITTVILLE, STILL HOLDING ON TO YOU, WEATHERED AND TORN, SOMPLACE BETTER THAN THIS) per arrivare al finale con THE DAYS OF WINE AND ROSES e una JOHN COLTRANE STERO BLUES che nonostante il concerto sia acustico dura 10 minuti.

Che grande band! Ascoltando la registrazione del concerto ci si ritrova immediatamente catapultati indietro di 20 anni ed immersi in quelle atmosfere che hanno fatto definire i Dream Syndicate i Velvet Underground degli anni ’80.

Potrà stare Steve un anno senza pubblicare nulla? La risposta è ovviamente negativa ed infatti il 2007 riserva ai fans altre sorprese. Ma facciamo un passo indietro: il 2006 è l’anno della reunion di uno dei gruppi guida del paisley underground, i GREEN ON RED, che pur senza pubblicare nuovi lavori si lanciano in un tour che tocca anche l’Italia.

Tornato quindi Dan Stuart all’attività musicale, nel 2007 Steve e Dan decidono di dare alle stampe un nuovo capitolo di DANNY & DUSTY. CAST IRON SOUL è un disco sorprendente, se si considera che viene dopo più di 20 anni rispetto a THE LOST WEEKEND. Steve e Dan ora vivono entrambi a New York e, causa anche ad una frattura ad una gamba che costringe Wynn a stare a riposo, decidono di riprovarci.

La cosa più importante di questo disco è che testimonia una reale voglia di suonare assieme, che produce brani quali THE GOOD OLD DAYS, RAISE THE ROOF, CAST IRON SOUL e THE LAST OF THE ONLY ONES.

Riporto la recensione che potete leggere qui

Proprio una strana coppia, Dan “Danny” Stuart dei rinati Green On Red e Steve “Dusty” Wynn, l’ex Dream Syndicate protagonista dagli anni Novanta di un pregevole, per quanto sotterraneo, percorso artistico da solista. Come Walter Matthau e Jack Lemmon: uno burbero, irascibile e un po’ pazzoide, l’altro più cool, controllato e diligente. Vecchi amici e compari di baldorie dai tempi eroici del Paisley Underground, effimera ma movimentata corrente musicale che nella California anni Ottanta andava alla riscoperta delle radici “garage” e psichedeliche del rock americano, successivamente in rotta di collisione tra di loro con una coda di polemiche, insulti e veleni. Il tempo che passa e una sequenza di eventi casuali (il ritrovarsi a vivere nella stessa città, un incidente alla caviglia che ha stoppato l’irrequieto vagabondaggio di Wynn) li hanno riportati al punto di partenza e a dimenticare i vecchi screzi. D’improvviso, californiani a New York, i due si sono ricordati di quel “weekend perduto” (“Lost weekend”) di ventidue anni fa quando, complici altri musicisti del giro e alzate di gomito oltre il limite di guardia, si inventarono un disco stropicciato ma sincero, arruffato ma spontaneo in puro, disordinato stile honky tonk e rock&roll. Non il migliore delle loro carriere, di sicuro, ma simbolico per l’approccio, l’umore e l’atteggiamento che avrebbe poi ispirato gente come gli Uncle Tupelo di Jeff Tweedy e Jay Farrar, i Jayhawks, i Whiskeytown di Ryan Adams. Rieccoli qui, circondati da alcuni degli amici di allora (il chitarrista Stephen McCarthy, ex Long Ryders, e il tastierista Chris Cacavas, che a Stuart sta come Roy Bittan a Springsteen) e un paio di nuove reclute (Johnny Hott e Bob Rupe, entrambi già nei Gutterball di Wynn). E, sorpresa, sono forse meglio di allora. Più rugosi ma anche più smaliziati e malinconici che nel 1985: anche se i vecchi vizi, vien da pensare, non li hanno mai abbandonati. Aprono infatti celebrando “The good old days” tra fiati caciaroni in stile New Orleans, voci strascicate, bicchieri tintinnanti e il vociare degli amici, e in fondo al disco piazzano uno smandrappato honky tonk per ricordarci cosa li ha portati fino a qui (“That’s what brought me here”): “Ho comprato la mia prima chitarra nel 1969 / ho visto Woodstock al cinema l’anno successivo / ho suonato in qualche gruppo quand’ero al liceo/ ho scritto una canzone o due” e via rimembrando il whisky trangugiato per vincere la paura del palco, il gran casino prodotto dalla musica amplificata, la vita on the road all’inseguimento di effimeri arcobaleni: una bella autobiografia da rocker condensata in poche, semplici strofe.

In mezzo si e ci ricordano delle loro passionacce, dei loro eroi: Lou Reed e i Velvet (“Cast iron soul”), Dylan e Neil Young (“Last of the only ones”, “Thanksgiving day”), i gruppi underground di “Nuggets” e l’attore Warren Oates amato da Sam Peckinpah a cui intitolano una intensa ballata elettrica: come loro protagonista di storie di sesso, violenza, redenzione e amicizia virile; come loro caratterista di spessore oscurato dalle star che si pigliano tutte le luci della ribalta. Anche Danny & Dusty sono sempre stati un passo indietro, ma con una autenticità e una adesione al ruolo rare da trovare: Stuart suona sincero e struggente anche quando si abbandona parole d’amore strasentite (“Let’s hide away” è uno spezzacuori), la filastrocca newyorkese di Wynn (“New York City lullaby”, con fiati r&b e atmosfera notturno-metropolitana) evoca come meglio non si potrebbe una città bohémien che forse non esiste neanche più dopo l’11 settembre e le purghe delle amministrazioni Giuliani & Bloomberg. Sono ancora brutti, sporchi e cattivi, i due, come gli amati eroi dei western e dei romanzi hard boiled (anche se Wynn ha sempre avuto una faccia carina ed è sempre piaciuto alle donne). “Crudeli per natura” (“It’s my nature”) e con un “anima di ferro”, strapazzano le chitarre elettriche come i vecchi Seeds (“Hold your mud”, un treno deragliante a tutta velocità) e il blues come i vecchi Hot Tuna (“Raise the roof”, “JD blues”, un omaggio al produttore Foster), amano ancora fare casino ma anche abbandonarsi al loro romanticismo cinematografico e da racconto noir. Non hanno mai inventato niente ma sono una testimonianza vivente dello spirito libero e selvaggio del rock&roll. E si meritano un bel brindisi alla salute. Anche due o tre.

Esce anche un live intitolato HERE'S TO YOU MAX MORLOCK... DANNY & DUSTY LIVE IN NUREMBURG, 2CD+DVD che testimoniano un concerto temuto in Germania.

Il 2007 è anche l’anno di un altro progetto parallelo di Wynn, gli SMACK DAB, che consistono in Steve, Linda ed il musicista spagnolo PACO LOCO. Il trio registra un disco  in Spagna,  a Puerto Santa Maria; il cd ha una distribuzione veramente scarsa e probabilmente solo in Spagna si riesce a reperire (è comunque ora scaricabile a pagamento dal sito di Wynn). In ogni caso il sound è abbastanza pop con incursioni di chitarra; ad ogni modo in questo album Steve suona il basso; un genere abbastanza sperimentale e non ben definibile, anche per quanto riguarda le lyrics. Alcuni brani sono ascoltabili alla pagina myspace del gruppo.

Nel 2008 esce il LIVE IN BREMEN, un disco live stupendo, fantastico, testimonianza di un concerto acustico tenuto nel 2003 da Steve e Jason Victor.

E’ quindi la volta di CROSSING DRAGON BRIDGE, un disco semiacustico registrato in Slovenia con Cris Eckman dei Walkabouts.

Il sound ricorda quello di FLUORESCENT, con brani più carichi come LOVE ME ANYWAY, GOD DOESN’T LIKE IT e I DON’T DESERVE THIS e brani più soft quali SHE CAME e PUNCHING HOLES IN THE SKY.

Il disco, chiaramente influenzato dalla città di Ljubjana dove è stato concepito, si apre e si chiude con il brano SLOVENIAN RAPHSODY, ed è come detto stato registrato da Steve Wynn e Cris Eckman con successivi interventi di Linda, Chris Cacavas e di un’orchestra.

Steve e Linda coronano la loro storia con il matrimonio a Richmond in Virginia, l’11 Maggio del 2008, ma non stanno certo con le mani in mano.

Nasce quindi l’ennesimo progetto parallelo, questa volta assieme a Scott McCoughey e Peter Buck dei REM: THE BASEBALL PROJECT VOLUME ONE: FROZEN ROPES AND DYING QUAILS, un disco di canzoni sul baseball. Steve e Scott sono entrambi fans di questo sport e pian piano ha preso corpo l’idea del disco. Il sound contiene sicuramente molte chitarre e ritornelli più orecchiabili, ma a detta degli stessi autori sono stati i testi la parte più difficile da completare, considerando che sono brani abbastanza nozionistici, pieni di date nomi e riferimenti, e metterli assieme in rima non è stato facile.

Pare che Linda avesse il compito di ascoltare i brani scritti da Steve e Scott e dare la sua opinione proprio per evitare che le songs diventassero troppo ‘enciclopediche’. Le 13 canzoni narrano e sono un tributo a giocatori quali TED WILLIAMS, CURT FLOOD, SATCHEL PAIGE, FERNANDO VALENZUELA, JACKIE ROBINSON, WILLIE MAYS, ED DELAHANTY, HARVEY HADDIX, SANDY KONFAX, MARC MCGWIRE, BLACK JACK MCDOWELL e altri.

Steve e Scott sono poi stati raggiunti da Linda e Peter Buck per le registrazioni.

Il disco lascia presagire che ci sarà un secondo volume, anche perché come hanno detto gli autori ci sono ancora diversi giocatori ed aneddoti che non sono stati trattati.

Il disco è accompagnato da un booklet con foto e spiegazioni. Non c'è stato un vero e proprio tour di The Baseball Project, anche a causa dei reciproci impegni dei membri della band, quali il tour dei i REM, e quello di Steve per promuovere CROSSING DRAGON BRIDGE.

Riguardo all’attività live di Steve, il 25 giugno 2008  Steve ed i Miracle 3 hanno tenuto un concerto al MAXWELL'S di HOBOKEN, dove hanno eseguito l’intero DAYS OF WINE AND ROSES, una performance sicuramente apprezzatissima da tutti i fans di Steve e dei Dream Syndicate; come bis è stat eseguita SEASON OF THE WITCH, un pezzo di Donovan che veniva eseguito a volte dai Dream Syndicate, una sorta di ‘seconda Sister Ray’.

Il tour dell’estate del 2008 è sotto il nome di Steve Wynn & The Dragon Bridge Orchestra, gruppo di cui oltre a Steve e Linda ed ai ‘soliti’ Chris Cacavas ed Eric Van Loo fanno parte Chris Eckman ed il violinista Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours. Il concerto del 2 ottobre 2008 all’Ancienne Belgique è documentato dal LIVE IN BRUSSELS, uscito nel 2009 in formato 2CD+DVD che presenta, oltre ai brani dall’ultimo disco, brani storici come Boston, My Midnight, Tears Won’t Help e brani più recenti come Amphetamine. Solo sul dvd è presente come Bonus Track una bellissima versione di Medicine Show con assolo di violino al posto del solo di chitarra.

Sempre nel 2009 Steve si diverte a cantare diverse canzoni di Bob Dylan che vengono incluse nel cd in edizione limitata STEVE SINGS BOB; c’è anche un tour con i Baseball Project, sotto il nome di “MINUS 5 / THE BASEBALL PROJECT / STEVE WYNN IV”, un live show con differenti set e differenti band, ma con gli stessi membri. In occasione del 25esimo anniversario di THE MEDICINE SHOW, il disco viene riproposto interamente in alcuni concerti negli USA con i Miracle3.

Steve comincia poi ad incidere nuovi brani con The Baseball Project, che nel 2010 vengono rilasciati un po’ alla volta per il download, prima gratuito e poi a pagamento. Il progetto si chiama BROADSIDE BALLADS, mentre il volume 2 della serie ufficiale uscirà probabilmente nei primi mesi del 2011.

Ma il 2010 vede altre due uscite, una ristampa di THE MEDICINE SHOW comprendente anche l’EP THIS IS NOT THE NEW DREAM SYNDICATE ALBUM, ed un nuovo disco con i Miracle 3. NORTHERN AGGRESSION esce nel novembre 2010, in contemporanea ad un tour che tocca anche l’Italia per diversi concerti. Il singolo RESOLUTION è oggetto di un contest dove si invitano i fans a creare un videoclip della canzone. Finito il tour elettrico con i Miracle 3 Steve ha già pianificato un tour acustico nei primi mesi del 2011.

Riporto una recensione di Northern Aggression che trovate al seguente link

Il titolo del disco fa riferimento al modo in cui la guerra civile americana veniva chiamata dagli abitanti degli Stati collocati al di sotto della Mason-Dixon line, che, tracciata in origine per risolvere una controversia territoriale tra le colonie inglesi della Pennsylvania e del Maryland, divenne in seguito una sorta di simbolica linea di confine tra sudisti e nordisti. La scelta del titolo allude, simpaticamente, al fatto che l'album è stato registrato a Richmond, Virginia (uno degli Stati al di sotto della linea). Tutto qui: nessun concept particolare, dunque. Come ha dichiarato Wynn stesso, «questi siamo io e i Miracle 3 che facciamo ciò che sappiamo fare meglio», senza calcoli o premeditazioni di sorta: «parafrasando Ornette Coleman, questa è la nostra "Northern Aggression"».  E, in effetti, il sound del disco è energico e abrasivo, proprio come ci si aspetterebbe dal miglior Wynn. Attenzione, però: questo non significa che siamo di fronte a un album manierato. Il fatto che le sonorità che caratterizzano questo lavoro siano in linea con quanto Wynn ha realizzato in trent'anni di onorata carriera non vuol dire che le undici tracce qui raccolte suonino come una stanca ripetizione del suo passato. Il songwriter losangelino, al contrario, si dimostra in forma smagliante, e i pezzi da lui confezionati tradiscono ancora un approccio genuinamente passionale e vibrante alla composizione. In questo senso si parlava, all'inizio, di "purezza": Wynn è uno di quelli che si tengono orgogliosamente lontani dal modo patinato dello showbiz e da tentazioni commerciali. "Musica" e "compromesso", per l'ex Dream Syndicate, sono parole che non s'accordano. "Northern Aggression" è un disco ricco, sfaccettato, una collection di autentici gioielli di cantautorato abrasivo, scomposto, in cui, come ai bei tempi, energia rock, passaggi folk, spunti new wave e crescendo lisergici vanno a braccetto, mantenendo sempre un miracoloso equilibrio tra le proporzioni. Nonostante l'approccio complessivo sia secco, diretto, la band non disdegna di lanciarsi in acide jam session: ascoltare, per credere, "Resolution", propulsa da battito asciutto e impreziosita da un ritornello incendiario, venato di feedback, la stonesiana "Colored Lights" e "On The Mend", che fa leva su un poderoso riff funky. Accanto a queste tracce, si collocano le ballate. "Consider The Source", impregnata fino al midollo d'indolente fatalismo, è percorsa da un lento suono di organo da chiesa, "disturbato" dalla sei corde di Wynn, al solito impegnato in un fraseggio ossessivo, distorto. "The Death Of Donny B.", invece, deve il suo fascino a un incedere ipnotico e a un'atmosfera noir, mentre "St. Millwood", dal canto suo, è il pezzo più intimista della raccolta, un mid-tempo reso ancor più suggestivo dal controcanto tenue della Pitmon e dalle delicate rifiniture di una pedal steel mai zuccherosa. L'anima più genuinamente rock'n'roll dell'album si manifesta, invece, in brani come "We Don't Talk About", possente e nervoso incrocio di funk-rock e country-rock (in cui, per altro, è particolarmente evidente l'influenza di Bob Dylan e Lou Reed, due dei numi tutelari del "Paisley Undeground"), "The Other Side" (che omaggia un altro riferimento dei Dream Syndicate, Neil Young) e "Ribbons And Chains" (che si colloca tra tra Reed e la premiata ditta Jagger/Richards). "No One Ever Drowns", invece, con le sue tastiere "orchestrali", il piglio ossessivo e il basso pompato, è il pezzo più new wave della raccolta. Nonostante siano passati quasi trent'anni da "The Days Of Wine And Roses" e "Medicine Show", con "Northern Aggression" Steve Wynn dimostra di essere ancora perfettamente in palla. Roccioso e sfaccettato al tempo stesso, quest'album è l'ennesimo tassello di una discografia preziosa, conferma ulteriore del talento di uno dei più grandi (e forse un po' sottovalutati) songwriter della sua generazione.

Come detto, dopo il tour acustico di inizio 2011 con 4 date in Italia, c'è il ritorno dei Baseball Project con il volume 2 HIGH AND INSIDE; anche la raccolta di outtakes BROADSIDE BALLADS rilasciata in download sul web, viene poi pubblicata in cd in edizione limitata. I Baseball Project intraprendono un tour che, dopo la parte primaverile negli USA, particolarmente legata ad eventi riguardanti il baseball (spring training, inizio della stagione) tocca anche l'Europa e l'Italia. In autunno c'è un nuovo tour acustico che tocca anche l'Italia per ben 6 date.

Il 2012 trascorre senza nuove release da parte di Steve ma diversi concerti in diverse forme (Miracle 3/Baseball Project/solo...). In particolare è da segnalare una trasferta Australiana per patecipare al Dig It Up festival organizzato dagli Hoodoo Gurus.

Ma il 2012 è anche l'anno in cui si celebra il 30esimo anniversario di DAYS OF WINE AND ROSES... E che celebrazione! Per l'occasione si riuniscono i Dream Syndicate con Steve, Mark walton, Dennis Duck (senza però Paul B. Cutler sostituito da Jason Victor) per una serie di concerti in Spagna a settembre. Potete leggere com'è nata questa reunion nei diari di Steve, che ha lasciato una porta aperta anche relativamente a futuri concerti della band. C'è poi un tour Belga in compagnia dell'attore Piv Huvluv, che viene interrotto in anticipo per motivi familiari.

Il 2013 inizia con una nuova release: UP THERE: HOME RECORDINGS 2000 TO 2008, una raccolta contenente demo e sessions dell’ultima decade registrati all’home studio di Steve. A febbraio/marzo Steve intraprende un tour europeo assieme a Chris Cacavas, quindi in maggio c'è un tour europeo con i Dream Syndicate ed altre date sotto diverse forme (dream syndicate, baseball project, miracle 3, solo shows...) in estate, autunno ed inverno... a dicembre 2013 c'è un evento legato al Paisley Underground che si tiene in due concerti, rispettivamente a Los Angeles e San Francisco, con Dream Syndicate, Bangles, Three O'Clock and Rain Parade nel programma...

Ad inizio 2014 viene annunciato un tour dei Dream Syndicate in occasione del trentesimo anniversario dell'uscita di Medicine show; il tour si svolge in europa a maggio con 10 concerti, con la band in splendida forma. Nel 2014 viene anche pubblicato il CD SKETCHES IN SPAIN, che contiene i dischi MOMENTO con gli Australian Blond, ed il disco degli SMACK DAB, entrambi molto difficili da reperire.

Nel 2015 Steve si presenta con un nuovo format, il solo electric tour, dove si presenta in solitaria accompagnato solo da una chitarra elettrica. Una formula che fa risaltare il sound dei suoi brani forse meglio della versione solo acustico a cui ci aveva abituato in passato. Il tour tocca anche diverse città italiane ed è accompagnato dalla release di un cd SOLO! ELECTRIC (vol.1) che appunto contiene rivisitazioni in "solo electric" di brani di Steve già editi. Il 2015 porta anche la release di BENEDIKT'S BLUES una colonna sonora del serial norvegese DAG. Il disco contiene materiale inedito più qualche rivisitazione. Esce anche una nuova ristampa di THE DAYS OF WINE AND ROSES, contenente come bonus tracks qualche demo inedito.

Nel 2016 non ci sono nuove release, ma c'è un altra leg del Solo Electric, quasi tutta italiana, con ben 12 concerti nel nostro paese. nel frattempo Steve registra un nuovo disco con i Dream Syndicate, che vede la luce nel 2017.

L'8 settembre 2017 esce il tanto atteso HOW DID I FIND MYSELF HERE ed i Dream Syndicate si apprestano ad un tour europeo ed americano.

Steve è sempre in piena attività, vedremo cosa ci riserverà il futuro…